10 Febbraio 2016

Stefano Pitoni primo obiettivo il Challenge Tour

Stefano Pitoni Stefano Pitoni

Rieti aveva due campi da golf, ora ne è rimasto uno, il Centro d’Italia che da parecchi anni calamita gli appassionati locali sulla collina di Castelfranco. Pochi per numeri assoluti, tanti se pensiamo al campione di una città in cui ancora si può vivere a misura d’uomo e poi tre professionisti. Niente male, insomma. Due, Ulderico Albanesi e Alessio Olivo, si sono dedicati all’insegnamento, Stefano Pitoni, invece, ha scelto la difficile strada del tournament player. Da due anni è sull’Alps Tour.

“Sono arrivato al golf per caso” racconta il 25enne reatino. “Avevo dieci anni e durante i pomeriggi ogni tanto con i miei amici sospendevamo i nostri giochi e ci soffermavamo a guardare in televisione un cartone animato intitolato ‘Tutti in campo con Lotti”. Raccontava di un ragazzo che giovava a golf e iniziando praticamente da zero era poi divenuto un campione. Così per spirito di emulazione, io e altri miei compagni abbiano cominciato a frequentare il GC Centro d’Italia. Specie d’estate eravamo lì a goderci l’aspetto ludico della disciplina. Crescendo le cose sono cambiate: sono stato sempre più coinvolto e così ho visto nel golf una prospettiva per il futuro. La passione è cresciuta sempre di piùed è stata una molla importante. Peraltro quando una cosa ti piace, diventa tutto più semplice, ci si allena volentieri e nulla è di peso”. 

- Una carriera da dilettante con qualche buon risultato, un successo nel Città di Milano, poi le prime esperienze nell’Alps Tour con alcune top ten che non sono male per un amateur. Sono stati questi risultati tra i pro a farti fare il passo?

“Magari hanno contribuito, ma soprattutto è stata la conclusione naturale di un lungo percorso. Sono stato nel team azzurro dal 2008 al 2013 e ho potuto fare una lunga e buona esperienza internazionale. Dopo aver disputato i Campionati Europei Under 18 a squadre, alcuni British Amateur e tante altre gare di peso viene naturale cercare qualcosa di più stimolante. Sono passato quanto ho ritenuto che tra i dilettanti non avevo altro da provare o da sperimentare”.

- Hai cambiato categoria a 23 anni, non ti sembra di aver atteso un po’ troppo? In altre nazioni il salto avviene generalmente prima.

“Forse ho allungato un po’ di più, ma il salto di categoria va fatto quando ti senti veramente pronto. A 21 anni non ero ancora sicuro del mio gioco e non avevo la certezza di potermi esprimere come occorreva tra i professionisti. Ho preferito attendere due anni in più e credo di aver scelto il momento giusto. La convinzione è arrivata anche grazie a quelle top ten conseguite nell’Alps Tour. Sono stati test determinanti: è un circuito molto diverso da quando era stato istituito. Il livello qualitativo si è notevolmente elevato ed è una bella palestra per salire ai livelli superiori”.

- Dalla nazionale dilettanti alla squadra professionisti...

“Si, il 2015 è stato il mio primo anno nel team azzurro, categoria Alps Tour, è anche questo ha aggiunto qualcosa al mio bagaglio”.

- Come giudichi i primi due anni nel circuito?

“Sono state due stagione molto diverse. Per la prima posso darmi un voto tra il sette e mezzo e l’8 perché ho tenuto una condotta molto regolare: ho superato dieci volte il taglio su quattordici gare e mi sono classificato per cinque volte e tra i primi dieci. Per essere un debuttante è stato un inizio ampiamente positivo. Sono arrivato fino allo Stage 2 della Qualifying School, e, sebbene non sia poi riuscito ad andare avanti, è stato comunque un altro risultato buono. Nel secondo anno dal punto di vista della moneta ho guadagnato qualcosa in più, ma come regolarità ho lasciato a desiderare. In compenso mi sono classificato secondo all’Alps de Las Castillas, in Spagna, a un solo colpo dal vincitore, e ho fornito una grandissima prestazione. Il resto del cammino è stato discontinuo, in parte dovuto a qualche errore tecnico sullo swing e su altre cose su cui sto lavorando in questo periodo. In entrambe le stagioni c’è stato del buono e altro da rivedere. Nel 2014 ha prevalso la regolarità, ma nel 2015 sono stato a un soffio dalla vittoria”.

- L’anno comunque è finito con un episodio alquanto sfortunato...

“Si, sono stato costretto al ritiro allo Stage 1 della Qualifying Scool per mal di schiena quando a un giro dal termine ero al 14° posto e stavo giocando veramente bene. Ero particolarmente in fiducia, sentivo tutti i colpi, il gioco lungo funzionava e probabilmente sarei approdato allo Stage 2”.

- Hai subito un contraccolpo psicologico? In fondo è significato rimanere un altro anno nell’Alps Tour.

“In realtà in quel momento ho perso le chance di scalare almeno un tour, ma non era poi detto che sarei riuscito ad arrivare fino alla finale e prendere una ‘carta’. Quindi può rimanere un po’ d’amaro in bocca per la sfortuna, ma nello sport l’infortunio ci sta. Magari se mi fosse accaduto in una gara normale non mi ci sarei soffermato più di tanto. In realtà la Qualifying School è l’obiettivo finale della stagione, la gara che aspetti e a cui pensi spesso durante l’anno e sulla quale imposti una parte del lavoro. Dal punto di vista morale la disavventura non mi ha lasciato strascichi: io sono un tipo abbastanza tranquillo, le cose negative me le faccio scivolare addosso e passo avanti. E’ il lato positivo del mio carattere”.

- Hai parlato di cose da rivedere...

“Sto lavorando insieme al mio maestro Alessandro Trillini, che mi segue spesso e mi aiuta molto in campo, perché essendo giocatore mi da dei consigli importanti durante la gara. Stiamo lavorando parecchio sul gioco corto, dai cinquanta metri in avanti dove devo migliorare e di parecchio. Con i ferri, invece, le cose vanno nel modo giusto. Ho piena fiducia nel mio gioco lungo”.

- I tuoi obiettivi a breve scadenza?

“Non faccio voli pindarici e voglio essere nella realtà, Il mio primo traguardo è di accedere al Challenge Tour. Spero di poterlo raggiungere a breve termine, perché è nelle mie corde. Quest’anno ho partecipato all’EMC Golf Challenge all’Olgiata. Ho superato il taglio e mi son reso conto che a quel livello posso competere. Certo non è un circuito facile, ci sono giocatori molto forti, ma sono convinto di poter fare qualcosa di buono”.

- Ti sei posto un limite di tempo per quanto riguarda le tue aspettative?

“Non ci sto pensando attualmente. Gioco vivendo il presente, cerco di divertirmi e di lavorare sulle cose che non eseguo bene. Non mi sfiora l’idea di pensare ad altro se magari qualche stagione non fosse pari alle attese. Mi piace talmente il golf che non penso proprio di lasciarlo. O almeno ora la vedo così, poi tra un bel po’ di anni si vedrà”. (P. R. R.)

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    I "tre moschettieri" e il super maestro del golf italiano 15/04/2021

    Da 2 al 5 settembre prossimo tornerà l’Open d’Italia. Sarà la 78ª edizione dell’evento nato nel 1925  che però in tanti anni ha espresso solo sei vincitori italiani, due capaci di fare doppietta, Ugo Grappasonni (1950-1954) e Francesco Molinari (2006-2016) che si sono affiancati a Francesco Pasquali, a segno dell’edizione inaugurale del 1925, Aldo Casera (1948), Baldovino Dassù (1976) e a Massimo Mannelli (1980). Tra i "magnifici sei" soffermiamo l’attenzione su Aldo Casera e Ugo Grappasonni, due esponenti dei mitici "Tre moschettieri" del golf italiano. 

    Del trio faceva parte anche Alfonso Angelini, che non ebbe mai la fortuna di vincere l’Open, ma che detiene un primato probabilmente destinato a perenne imbattibilità: si impose per ben dieci volte nel Campionato Nazionale Omnium, oggi Campionato Nazionale Open.  La loro storia si intreccia con quella di un altro grandissimo personaggio, Pietrino Manca "il maestro dei maestri" che ha trascorso tutta la sua vita al Circolo Golf Roma Acquasanta

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