Brooks Koepka ha vinto con 272 (67 70 68 67, -16) colpi, eguagliando lo score più basso dell’evento, l’US Open, il secondo major stagionale disputato sul percorso dell’Erin Hills (par 72), a Erin nel Wisconsin.
Nel corso di un combattuto ultimo giro, Koepka è emerso con una progressione irresistibile nelle battute finali e ha lasciato a quattro colpi Brian Harman, leader dopo tre turni, e il giapponese Hideki Matsuyama (276, -12), dopo questa prova da quattro a numero due mondiale e uno dei pochi big che non sono stati travolti dal taglio. Al quarto posto con 277 (-11) l’inglese Tommy Fleetwood e al quinto con 278 (-10) Rickie Fowler, che è mancato nel momento decisivo, Xander Schauffele e Bill Haas. Quando sembrava potesse prendersi la scena è invece crollato con un 75 (+3) Justin Thomas, salito fino al secondo posto dopo 54 buche e poi nono con 280 (-8) al traguardo.
Non è andata meglio a Patrick Reed, 13° con 282 (-6), penalizzato da un 74 (+2), ed è rimasto praticamente nella stessa posizione di classifica per tutto il torneo lo spagnolo Sergio Garcia, 21° con 284 (-4). Poco dietro Jim Furyk e il sudafricano Louis Oosthuizen, 23.i con 285 (-3), e l’inglese Paul Casey, 26° con 286 (-2), spentosi dopo la leadership del secondo turno. Prestazione anomina di Jordan Spieth e del tedesco Martin Kaymer, 35.i con 289 (+1).
E’ uscito al taglio Francesco Molinari, 79° con 147 (74 73, +3) e hanno subito la stessa sorte i primi tre della classifica mondiale alla vigilia: Dustin Johnson, 92° con 148 (+4), il nordirlandese Rory McIlroy, 102° con 149 (+5) e l’australiano Jason Day, 144° con 154 (+10). Con loro anche l’inglese Justin Rose, campione olimpico, 69° con 146 (+2), l’australiano Adan Scott e lo svedese Henrik Stenson, medesimo score di Molinari. Una situazione piuttosto insolita che ha lasciato mano libera agli outsider.
In realtà alla fine ha vinto un giocatore di gran valore, che aveva già dato prova delle sue qualità e che nelle quotazioni della viglia era appena dietro ai primi del ranking. Ventisette anni, nativo di West Palm Beach (Florida), ha iniziato la carriera nel Challenge Tour europeo, con passaggi anche in Italia, e ha impiegato un mese nel 2013 a vincere i tre tornei che l’hanno fatto salire immediatamente nell’European Tour. Fu spettacolare la sua prestazione nel Montecchia Open, che ha aperto la serie, con sette colpi di vantaggio sul secondo. Una dimostrazione anche dell’importanza dell’Italian Pro Tour, di cui la gara faceva parte, confermatosi ancora una volta importante trampolino di lancio per giovani talenti.
L’anno dopo si è imposto nel Turkish Open (Eurotour) poi è tornato negli Stati Uniti per giocare nel PGA Tour. Un titolo anche qui nel 2015, uno nel Japan Tour (2016) e la partecipazione con la squadra americana alla vittoriosa Ryder Cup in Minnesota.
Nel giro finale Brooks Koepka ha subito attaccato il leader Brian Herman con tre birdie, ha effettuato una frenata con un bogey alla buca 10, che ha creato un accorciamento della classifica, poi l’irresistibile progressione con tre birdie di fila dalla 14ª alla 16ª (67, -5) con i quali ha fatto il vuoto e ha eguagliato lo score più basso dell’US Open stabilito con lo stesso 272 da Rory McIlroy al Congressional nel 2011, ma il quel caso il par era di 71.
Con il titolo Koepka ha ricevuto un assegno di ben 2.160.000 dollari su un montepremi di 12.000.000 di dollari, il più alto in assoluto di tutti i tour, insieme a vari benefici, Avrà l’esenzione per cinque anni sul PGA Tour, ossia giocherà indipendentemente dalla posizione nella money list, parteciperà nei prossimi dieci anni all’US Open e nei prossimi cinque agli altri tre major e al Players Championship.
Infine una statistica: gli ultimi sette major sono stati appannaggio di giocatori che non ne avevano mai vinti prima.
Hanno preceduto Koepka: Sergio Garcia (2017 Masters), Jimmy Walker (2016 PGA Championship), Henrik Stenson (2016 Open Championship), Dustin Johnson (2016 U.S. Open), Danny Willett (2016 Masters) e Jason Day (2015 PGA). Non era mai accaduto nella storia dei major.
TERZO GIRO - Brian Harman (204 - 67 70 67, -12) è rimasto da solo al comando a un giro dal termine dell’US Open, il secondo major stagionale che si sta disputando sul tracciato dell’Erin Hills (par 72), a Erin nel Wisconsin. Protagonista della giornata Justin Thomas, che con un gran 63 (-9), score record per il major, è volato dal 24° al secondo posto con 205 (-11), praticamente l’unico tra i big in grado di vincere e che non abbia deluso dopo la falcidia di campioni al taglio. Lo affiancano Brooks Koepka e l’inglese Tommy Fleetwood, in vetta con Harman a metà torneo insieme all’inglese Paul Casey, scivolato al 17° posto con 212 (-4) e uscito di scena con un 75 (+3).
Sono in corsa per il titolo Rickie Fowler, quinto con 206 (-10), il coreano Si Woo Kim, sesto con 207 (-9), Patrick Reed, Russell Henley e Charley Hoffman, settimi con 208 (-8), messi in gioco dalla matematica, ma probabilmente mancanti dello spunto necessario in queste occasioni. Si è defilato il giapponese Hideki Matsuyama, 14° con 210 (-6), e non ha praticamente quasi mai abbandonato la posizione lo spagnolo Sergio Garcia, stesso score di Casey, realizzato anche al sudafricano Louis Oosthuizen. Hanno perso terreno il tedesco Martin Kaymer, 43° con 216 (par), e Jordan Spieth, 59° con 220 (+4), che se n’è andato verso il fondo della graduatoria con un 76 (+4).
E’ uscito dopo 36 buche Francesco Molinari, 79° con 147 (74 73, +3), e ha fatto molto rumore il flop contemporaneo dei primi tre della classifica mondiale: Dustin Johnson, 92° con 148 (+4), il nordirlandese Rory McIlroy, 102° con 149 (+5) e l’australiano Jason Day, 144° con 154 (+10). Hanno fissato un primato, sia pure negativo, perché da quando è stato istituito il world ranking nel 1986 è la prima volta che i primi tre non passano il taglio tutti insieme in un major.
Brian Harman, 30enne di Savannha (Georgia), due successi nel circuito, l’ultimo a maggio, non ha molta dimestichezza con i major, poiché ne ha disputati pochi e ha quale miglior risultato il 40° posto nel PGA Championship del 2014. Ha tenuto una buona andatura nella prima parte del tracciato con tre birdie e un bogey, poi ha realizzato gli altri tre birdie nel rientro (67, -5) ha gli hanno permesso di superare Justin Thomas, leader da tempo in club house.
Il 24enne d Louisville (Kentucky), quattro titoli nel tour di cui tre quest’anno, ha realizzato lo score più basso in assoluto dell’US Open in relazione al par (-9), ma hanno ottenuto lo stesso punteggio anche Johnny Miller (63, -8) a Oakmont (1973) e Jack Nicklaus eTom Weiskopf (63, -7) al Baltusrol GC. Dopo nove birdie e due bogey Thomas ha piazzato la palla a due metri dalla bandiera con un legno 3 da 310 yards e ha imbucato per l’eagle. Da ricordare che Thomas quest’anno ha realizzato in 59 (-11) nel Sony Open e in carriera ha segnato anche due 61, un 62 e altri due 63. Il torneo ha un montepremi di 12.000.000 di dollari, il più alto in assoluto.
SECONDO GIRO - Francesco Molinari, 79° con 147 (74 73, +3) non ha superato il taglio nell’US Open, il secondo major stagionale che si sta svolgendo sul percorso dell’Erin Hills (par 72), a Erin nel Wisconsin. In un secondo turno in cui ci sono stati crolli clamorosi, si è formato al comando un quartetto con 137 (-7) composto da Brian Harman (67 70), Brooks Koepka (67 70) e dagli inglesi Paul Casey (66 71) e Tommy Fleetwood (67 70), che precede di un colpo Rickie Fowler, J. B. Holmes e Jamie Lovemark (138, -6).
E’ stata una giornata nera per i big, molti dei quali andati fuori gioco, a iniziare dai primi tre al mondo, nell’ordine Dustin Johnson, 92° con 148 (+4), il nordirlandese Rory McIlroy, 102° con 149 (+5) e l’australiano Jason Day, 144° con 154 (+10). Da quando è stato istituito il world ranking nel 1986 è la prima volta che i primi tre della classifica non passano il taglio tutti insieme in un major. Hanno subito la stessa sorte l’inglese Justin Rose, campione olimpico, 69° con 146 (+2), l’australiano Adan Scott, lo svedese Henrik Stenson e il sudafricano Charl Schwartzel, medesimo score di Molinari, quindi Bubba Watson, 102° come Johnson, e lo svedese Alex Noren, 115° con 150 (+6).
Ha avuto invece una decisa impennata il giapponese Hideki Matsuyama, numero 4 del ranking, che dall’82° posto è risalito fino all’ottavo con 139 (-5), rimettendosi in corsa per il titolo grazie a un 65 (-7), miglior punteggio del giro realizzato anche da Chez Reavie, 13° con 140 (-4). Al 19° posto con 141 (-3) lo spagnolo Sergio Garcia e il tedesco Martin Kaymer, al 24° con 142 (-2) Justin Thomas e al 33° con 143 (-1) Patrick Reed.
Quasi miracolosa la leadership di Paul Casey, perché ottenuta malgrado un triplo bogey alla buca 14 e a due bogey, compensati comunque con sei birdie (71, -1). Per gli altri tre compagni di viaggio 70 (-2) colpi con tre birdie e un bogey per Brian Harman e con quattro birdie e due bogey per Brooks Koepka e per Tommy Fleetwood.
Francesco Molinari ha viste compromesse le sue possibilità di proseguire il torneo con due bogey sulle prime cinque buche. Ha reagito con un birdie, poi un altro bogey alla buca 10 lo ha riportato due colpi sopra par e il secondo birdie alla buca 14 ha solo reso il punteggio (73, +1) meno pesante. Hanno provato a reagire Dustin Johnson (73 con tre birdie e quattro bogey) e Rory McIlroy (71 con cinque birdie e quattro bogey), ma entrambi hanno palesato ancora difetto di condizione dopo i recenti infortuni, così come Jason Day (75, +3 con quattro birdie, cinque bogey e un doppio bogey) che era stato a lungo fermo per dolori alla schiena. Il torneo ha un montepremi record di 12.000.000 di dollari.
PRIMO GIRO - Francesco Molinari, 82° con 74 (+2) colpi, è poco oltre metà classifica dopo il giro iniziale dell’US Open, il secondo major stagionale che si sta svolgendo sul percorso dell’Erin Hills (par 72), a Erin nel Wisconsin, dove con un ottimo 65 (-7) è in vetta Rickie Fowler. E’ stata una giornata caratterizzata soprattutto dal tonfo clamoroso di quasi tutti i giocatori più attesi e, in particolare, di Dustin Johnson, numero uno mondiale e campione uscente, 102° con 75 (+3), del nordirlandese Rory McIlroy, numero due, 143° con 78 (+6), e dell’australiano Jason Day, numero tre, 151° con 79 (+7). Dovranno fare un secondo giro di alta qualità anche gli altri tre che li seguono nel world ranking: Jordan Spieth (n. 5), 61° con 73 (+1), il giapponese Hideki Matsuyama (n. 4) e lo svedese Henrik Stenson (n. 6) che hanno lo stesso score di Molinari.
L’incidente - Un incidente ha turbato la giornata di Erin. Infatti nelle vicinanze del circolo è precipitato un dirigibile pubblicitario, provocando paura e panico tra gli spettatori, soprattutto per le notizie e le immagini subito circolate. Rimasti scossi anche alcuni giocatori che hanno seguito dal campo il velivolo in avaria. A bordo solo il pilota che è stato ricoverato con alcune ustioni.
La gara - Fowler, 28enne di Murieta con quattro titoli nel circuito, ha stabilito con "meno 7" lo score più basso in relazione al par del torneo e ha eguagliato le prodezze di Jack Nicklaus e di Tom Weiskopf che avevano ottenuto il "-7" con 63 colpi sul par 70 del Baltusrol G.C. nel 1980. Non ha avuto, però, gran vantaggio poiché lo seguono a un colpo Xander Schauffele e l’inglese Paul Casey (66, -6), e a due Brian Harman, Brooks Koepka e l’inglese Tommy Fleetwood (67, -5). Tra i big in alta classifica Patrick Reed, settimo con 68 (-4), Sergio Garcia, 18° con 70 (-2), e il sudafricano Charl Schwartzel, 29° con 71 (-1). Con il medesimo punteggio Davis Love IV, appena passato pro e qualificatosi per il major, che ha avuto quale caddie d’eccezione il padre Davis Love III, 21 titoli con un major nel tour.
Alla vigilia Phil Mickelson ha poi annunciato il forfait ponendo fine alla lunga attesa della prima riserva, il messicano Roberto Diaz, 45° con 72 (par) insieme all’australiano Adam Scott, al tedesco Martin Kaymer e all’inglese Justin Rose.
Giro sofferto anche per Justin Thomas e per lo svedese Alex Noren, 61.i come Spieth, per Bubba Watson, che affianca Dustin Johnson, e per lo spagnolo Jon Rahm, 114° con 76 (+4).
Gli score - Rickie Fowler, ultimo successo a febbraio nell’Honda Classic, ha realizzato con sette birdie senza bogey il suo punteggio più basso in un major.
Francesco Molinari, partito dalla dieci, si è gravato di un doppio bogey recuperando parzialmente con un birdie prima del giro di boa. Le cose si sono ulteriormente complicate con tre bogey in quattro buche, ma ha avuto la forza di non mollare e ha reso il punteggio meno severo con due birdie a chiudere.
Dustin Johnson ha fissato lo score in quattro buche con la sequenza doppio bogey-bogey-birdie-bogey e poi ha proseguito per il resto in par pensando più che altro a salvare il salvabile. Evidente che la caduta per le scale ad Augusta e il conseguente stop ha ancora i suoi riflessi sul fisico. Difficile ora che possa infrangere le tradizione negativa riguardante i vincitori dal 1989 a oggi: nessuno l’anno dopo è terminato entro i primi cinque.
Rory McIlroy e Jason Day hanno giocato insieme. Il primo aveva iniziato con un eagle (buca 2, par 4), poi però sono stati quattro bogey e due doppi bogey. Il secondo ha siglato un birdie prima del diluvio di colpi persi con cinque bogey e due tripli bogey a fronte di altri tre birdie. Laconico con chi gli ha chiesto un commento: "Ho appena finito di giocare male a golf".
Il torneo ha un montepremi record di 12.000.000 di dollari.
LA VIGILIA - Ai nastri di partenza l’US Open (15-18 giugno), il secondo major stagionale che avrà per teatro di gara il tracciato dell’Erin Hills, a Erin nel Wisconsin, ed elargirà un montepremi record di 12 milioni di dollari. Lo disputerà per l’ottava volta Francesco Molinari, che lo aveva saltato lo scorso anno dopo sette presenze di fila. E’ in ottime condizioni di forma, come testimoniano gli ultimi suoi risultati e il salto da 31° a 17° nel world ranking. E’ a un passo da superare il record della posizione più alta raggiunta nella classifica mondiale da un italiano, che lui stesso detiene, con il 14° posto, a pari merito con suo fratello Edoardo, seguiti da Rocca che si fermò al 18° L’US Open è l’occasione giusta anche per andare oltre la 23ª piazza, suo piazzamento migliore nel major (2014).
I due temi della vigilia - Alla vigilia due temi sembrano prevalere sugli altri. Il primo riguarda i giudizi sul campo, ritenuto molto difficile per un rough esageratamente alto, che si unisce alle difficoltà create da bunker molto profondi, ma in realtà non esiste US Open che non sia stato anticipato da tali considerazioni, poiché di tende sempre a preparare un percorso al limite e forse anche oltre.
L’altro argomento riguarda la scelta di Phil Mickelson. Domani mattina, giovedì, alle ore 10 sarà in California, alla Pacific Ridge School di Carlsbad, dove la figlia Amanda prenderà il diploma. Non si è però cancellato dal torneo. Nel Wisconsin il tee time per lui è alle ore 14,20 insieme a Steve Stricker e a Stewart Cink. Tempi della cerimonia e duemila miglia da percorrere in aereo presuppongono che il 47enne di San Diego arrivi con circa tre ore di ritardo sull’orario fissato per la sua partenza. E Mickelson ha puntato tutto su qualcosa di meteorologico che faccia saltare i tempi previsti di gioco. Però, per una tale dilazione, non basterà certo un po’ di pioggia, bensì ci vorrà un diluvio.
Prima riserva in attesa - Chi invece fa tifo contrario e monitorizza il cielo continuamente sperando di non vedere nuvole è il messicano Roberto Diaz, 30 anni, giocatore del Web.com Tour. E’ la prima riserva e prenderebbe il posto di Mickelson se non dovesse arrivare in tempo. Naturalmente giocare il major rappresenterebbe l’occasione della sua vita. Comunque. Mickelson o no, dovrà essere domani mattina sul campo alle ore 6,45 e rimanere in attesa. Infatti potrebbe subentrare a chiunque altro dovesse dare forfait all’ultimo momento.
Il campo - Sul percorso, e in particolare sul rough, ha espresso il suo parere Francesco Molinari su Twitter: "E’ un campo dove il vento sarà decisivo per gli score. I fairway sono abbastanza generosi, ma molti colpi sono ciechi. Il rough però è fuori controllo!"
Più accomodante il nordirlandese Rory McIlroy, perseguitato da tempo da un infortunio, che gioca per la nona volta il torneo e asserisce di star bene: "Ho avuto parecchie settimane per provare, ho fatto molta pratica e non ho avuto difficoltà. Si tratta di gestire il carico adeguato che mi faccia sopperire al problema. Ho provato il tracciato e mi piace, perché consente di essere aggressivi, e io mi sento tale, ma è necessario evitare il rough. Comunque offre una sfida diversa da quelle a cui siamo abituati".
Jordan Spieth, vincitore nel 2015, invece, va contro le speranze di Mickelson: "Mi auguro che il tempo sia buono, anche se fa un po’ freddo. Il percorso è davvero ben progettato, ma non ti concede distrazioni. L’ho provato a lungo e credo di poter esprimere un gioco abbastanza solido e adeguato all’impegno".
I protagonisti - Difende il titolo Dustin Johnson, il numero uno mondiale, che aveva iniziato la stagione con tre successi di fila, prima di essere messo al tappeto da una caduta dalle scale alla vigilia del Masters. Due mesi di stop gli hanno fatto perdere brillantezza e quindi non potrà assumere il ruolo di favorito assoluto. In realtà, però, non c’è nessuno tra i big che sembri in condizioni migliori di altri, poiché tutti, anche coloro che hanno vinto, sono andati in altalena. Parliamo di Jordan Spieth, Justin Thomas, degli spagnoli Sergio Garcia e Jon Rahm e del giapponese Hideki Matsuyama. Lo stesso McIlroy è un’incognita così come l’australiano Jason Day, che ha sofferto parecchio di dolori alla schiena. In tale contesto sono un po’ salite le quotazioni del sudafricano Charl Schwartzel, degli svedesi Alex Noren ed Henrik Stenson, delll’inglese Justin Rose e l’australiano Adam Scott e si guarda anche alle possibilità di outsider quali Jason Dufner, Daniel Berger, Billy Horschel e Kevin Kisner o anche a improvvisi ritorni di Patrick Reed, Bubba Watson e del tedesco Martin Kaymer.
Nel primo giro Francesco Molinari sarà in terna con Matt Kuchar e Patrick Reed. Partirà dalla buca 10 alle ore 8,24 locali
PROLOGO - Francesco Molinari si confronta nuovamente con l’élite mondiale nell’US Open (15-18 giugno), il secondo major stagionale in programma sul percorso dell’Erin Hills, a Erin nel Wisconsin, con un montepremi di 12.000.000 di dollari, il più alto della storia, e dove difenderà il titolo Dustin Johnson, numero uno mondiale. L’azzurro, lo scorso anno assente dopo sette presenze di fila, sta attraversando un gran momento che in poche settimane l’ha lanciato dal 31° al 17° posto nel world ranking, e all’ottava partecipazione ha le carte in regola non solo per superare il 23° posto quale sua miglior prestazione (2014), ma per poter competere con ben altre giuste aspirazioni.
Dustin Johnson era in condizioni di forma straripanti prima del Masters, al quale era arrivato con tre vittorie di fila, ma una caduta dalle scale della casa affittata ad Augusta glielo ha fatto saltare e ora, complici anche due mesi di stop, stenta a ritrovare quel passo, sebbene abbia dato segni di crescita evidenti. Sarà dunque uno dei favoriti, ma con riserva.
Giallo Mickelson - Nella vigilia sta tenendo banco Phil Mickelson. Giovedì 15 mattina, alle ore 10, sarà in platea alla Pacific Ridge School di Carlsbad, in California, dove la figlia Amanda prenderà il diploma. Non si è, però, cancellato dal major, tanto che la sua partenza è fissata alle ore 14,20 insieme a Steve Stricker e a Stewart Cink. Pur usufruendo di un aereo privato, considerati i tempi della cerimonia, il 47enne di San Diego non potrebbe mai arrivare in tempo sul tee lontano duemila miglia, ma si è lasciato una porta aperta un po’ singolare: infatti spera in una giornata di maltempo che possa fare ritardare l’orario di partenza di quelle tre/quattro ore che gli sarebbero sufficienti onde poter giocare per la 27ª volta l’unico major che non ha mai vinto, giungendo secondo per ben sei volte.
La gara - L’US Open è il torneo più sentito e amato dagli statunitensi perché in teoria permette a ogni buon giocatore di potervi partecipare attraverso una serie impressionate di prequalifiche, In realtà alla fine il field raramente annovera qualche sconosciuto, però resta la bellezza del sogno.
Sarà una gara un po’ particolare poiché tra i bigs nessuno sembra al top della condizione, anche se qualcuno ha già vinto in stagione. Abbiamo già detto di Dustin Johnson, ma il discorso vale anche per Justin Thomas (3 titoli), Jordan Spieth (1), Rickie Fowler (1), uscito al taglio la scorsa settimana, per gli spagnoli Sergio Garcia e Jon Rahm (1 ciascuno), e per il giapponese Hideki Matsuyama (3). In sostanza chi si avventura in previsioni deve fare i conti con l’incertezza e inoltre deve chiedersi in che stato si presenterà il nordirlandese Rory McIlroy, numero due mondiale al rientro dopo uno stop per problemi fisici, così come l’australiano Jason Day, numero tre mondiale, sebbene abbia ripreso da qualche mese dopo essere stato fermato da dolori alla schiena. Non hanno invece problemi il sudafricano Charl Schwartzel, gli svedesi Alex Noren ed Henrik Stenson, l’inglese Justin Rose e l’australiano Adam Scott e questo segna punti in loro favore.
In tale situazione sarà bene fare attenzione alle "mine vaganti" quali Jason Dufner, Daniel Berger, Billy Horschel e Kevin Kisner o anche a improvvisi ritorni di Patrick Reed, Bubba Watson e del tedesco Martin Kaymer.
Diretta su Sky - L’US Open sarà teletrasmesso in diretta, in esclusiva e in alta defizione da Sky con collegamenti ai seguenti orari: giovedì 15 giugno, dalle ore 19 alle ore 3 (Sky Sport 2HD); venerdì 16, dalle ore 19 alle ore 3 (Sky Sport 3 HD); sabato 17, dalle ore 19 alle 2 (Sky Sport 3 HD); domenica 18, dalle ore 19 alle ore 2,30 (Sky Sport 3 HD). Commento di Silvio Grappasonni, Nicola Pomponi, Massimo Scarpa e di Donato Di Ponziano.