"In famiglia c’è un solo golfista, mio nonno, e quando ero piccolo mi regalò un set di bastoni di plastica". Così Enrico Di Nitto ha iniziato il suo cammino nel mondo del golf, per gioco, come è giusto che sia per tutti i giovanissimi.
"Successivamente - racconta - presi le prime lezioni dal maestro Mario Napoleoni a Punta Ala, dove ci recavano d’estate con la famiglia. A undici anni mia madre mi ha portato al Parco di Roma e, sotto la guida di Pancrazio Venanzi, ho fatto i veri primi passi. Mi sono trovato a mio agio, sono stato coinvolto dal gioco, ma l’ho sempre interpretato insieme ad altri sport, il calcio, la scherma, l’atletica e la pallavolo, senza mai tralasciare la preparazione atletica".
Oggi, a 24 anni, sta facendo la sua strada nel mondo professionistico seguito dal maestro Filippo Del Piano, ma c’è stato un momento di svolta.
"Dopo l’ultimo anno di scuola, mi sono trovato a un bivio. Avrei voluto proseguire gli studi e poi intraprendere la carriera, ma al secondo anno di università ho capito che le due cose insieme non funzionavano. Nè in Italia esistono percorsi simili a quelli delle università americane. Il golf mi piaceva di più: era più facile allenarmi tutti i giorni piuttosto che rimanere sui libri per ore. Direi che la scelta è stata giusta".
Il Parco di Roma Golf Club si distingue per il suo vivaio e Di Nitto ha fatto parte di un team di ragazzi veramente di qualità.
"In realtà essere in un gruppo così è vantaggioso, perché ci si scambiano tante cose utili a tutti. Io ho visto relativamente poco Andrea Pavan, perché lui era più grande, ma sono stato molto a contatto con Renato Paratore. Sin da giovanissimo dava l’impressione di avere un passo diverso. Abbiamo effettuato numerose trasferte insieme con la nazionale azzurra, ci siamo divertiti e io ho cercato sempre di apprendere qualcosa da lui. Era un piacere vederlo anche nelle gare di approcci che facevano tra di noi. L’ho sempre considerato un fratello minore e abbiano instaurato un ottimo rapporto".
Il cambio di categoria alla fine del 2014, a 22 anni. Tardi, presto? In merito i pareri sono tanti, ma la risposta in realtà è molto soggettiva.
"Non credo esista un’età ottimale. Semmai ci sono degli esempi che non vanno seguiti, parlo in senso buono naturalmente, e mi riferisco a Tiger Woods, Jordan Spieth o anche a Matteo Manassero che hanno fatto il salto giovanissimi, perché sono giocatori pazzeschi, ma solo pochissimi hanno quelle qualità. Io mi ritengo uno normale e credo di aver scelto il momento opportuno, ossia quando mi sono sentito veramente pronto. In questo sport la fretta è una cattiva consigliera e non bisogna mai averne".
Nella carriera da dilettante sono arrivati buoni successi, ma l’ingresso al professionismo è stato dirompente con un titolo alla settima gara disputata.
"Sono entrato nell’Alps Tour con il piede giusto, tanto è che sin dall’inizio della stagione ho preso a girare attorno alla vittoria, però nel finale di gara mancava sempre qualcosa per agguantarla. Trovandomi più volte in quella situazione, ha capito come avrei dovuto gestirmi e nell’Alps Tour Colli Berici è andata bene. L’obiettivo a quel punto era di classificarmi tra i primi sei della money list per accedere al Challenge Tour, però la buona la condizione, dopo due o tre tornei, mi ha abbandonato e purtroppo il perché l’ho capito solo a fine anno. Mi sono classificato 12° nell’ordine di merito dell’Alps Tour, un piazzamento che mi ha lasciato un po’ deluso, pur nel contesto di una prima stagione dal professionista certamente soddisfacente e con il successo nella money list dell’Italian Pro Tour. Se debbo darmi un voto penso a un sette".
Ci sono stati anche due passaggi sul Challenge Tour. "Ci sono belle differenze, a iniziare dai campi, che sono migliori, ma ciò che mi ha impressionato di più è stata la professionalità dei giocatori. Posso però affermare che i primi dell’Alps Tour non hanno niente da invidiare loro. Ho compreso che per entrare almeno nei primi venti della classifica devi esprimerti ad ottimo livello. Io penso di essere sulla buona strada. In quest’ottica in inverno, insieme a Filippo Del Piano, abbiamo effettuato diversi cambiamenti nel mio gioco, lavorando in generale sulla tecnica, dal driver al putting, e in particolare sul gioco corto. Debbo migliorare nei colpi dai 70 ai venti metri dalla bandiera. Sono anche andato una settimana in America dal coach Kevin Smeltz".
Nel frattempo Di Nitto ha provato due volte a salire direttamente nell’European Tour attraverso la Qualifying School fermandosi in entrambe le occasioni allo Stage 2. "Sono eventi in cui la pressione è forte, o almeno è quello che ho provato io. Il primo anno ero ancora dilettante e, debbo ammetterlo, mi sentivo un po’ fuori luogo in quel contesto. L’anno passato sono arrivato carico al punto giusto, in buona forma, convinto, ma il putter non mi ha assistito".
C’è anche il fattore casualità. "In effetti nello Stage 2 il campo non lo puoi scegliere e quindi può capitartene uno che non si addice alle tue caratteristiche. Se dovessi dare delle percentuali direi che il caso incide per il 30% e la pressione per il 70%".
Il cammino passa anche attraverso le squadre nazionali, da quella dilettanti all’altra dei professionisti. "Essere inserito nel gruppo è sicuramente positivo. E’ vero che da pro ti gestisci da solo, però in quelle circostanze puoi confrontarti con altri giocatori che sono nel tour da anni e da loro apprendi parecchio".
Chari gli obiettivi." Fare ulteriore esperienza, in particolare sul Challenge Tour, e a fine anno salire di almeno un circuito"
Infine la vita di tutti i giorni quando non è in gara. "Vado al circolo e pratico la mattina. Qualche altra buca nel pomeriggio e palestra tre volte alla settimana. Mi prendo mezza giornata di riposo la domenica, poi nel pomeriggio torno di nuovo al club. Hobby? Per la verità la sera sono un po’ affaticato e ho poco tempo per dedicarmi ad altro".
LA CARRIERA
E’ nato a Roma il 26 dicembre 1992. Ha iniziato a giocare a golf a undici anni al Parco di Roma Golf Club. Messosi in mostra per le sue qualità, è entrato a far parte della nazionale azzurra. Ha vinto per due volte di fila il Gran Premio Vecchio Monastero a Varese (2014-2014). Nel 2013 è divenuto campione italiano Foursome con Renato Paratore. Nel 2014 ha fatto parte del team del suo circolo, che si è imposto nel Campionato Assoluto a squadre e in quello europeo. Ha chiuso la sua ultima stagione da amateur con il primo posto nell’ordine di merito italiano e offrendo una bella prova con il nono nel Campionato Nazionale Open.
E’ passato al professionismo il 19 dicembre 2014 dopo aver acquisito la ‘carta’ per l’Alps Tour con la sesta posizione nella finale della Qualifying School, a cui aveva avuto accesso con la vittoria nello Stage 1. Ha provato senza fortuna la via dell’European Tour: superato lo Stage 1 al CG Bogogno (17°), si è poi fermato allo Stage 2 in Spagna.
2015: appena all’ottava gara da professionista è andato a segno nell’Open Colli Berici. Un successo quasi annunciato dall’apprezzabile inizio di carriera con il nono posto nel Red Sea El Ein Bay Open, con l’11° nel Tunisian Golf Open, con il 14° nel Red Sea Little Venice Open e con il quinto, fuori circuito, nel Campionato Nazionale Open. Nella sua ottima prima annata sull’Alps Tour (18 tornei) ha siglato anche il quarto posto nell’Open Frassanelle e il quinto nel Memorial G. Bordoni e nell’Alps de Andalucia. Altri piazzamenti:, 12° Open International de Marcilly e Israel Masters. 15° Gosser Open, 25° Citadelle Trophy, 33° Servizitalia Open, 37° Alps de Las Castillas. In 12ª posizione nella money list. Ha disputato due gare nel Challenge Tour superando il taglio nello Swiss Challenge (48°). Come nella scorsa stagione, passato lo Stage1, non è riuscito ad accedere alla finale nello Stage2 della Qualifying School dell’European Tour. Ha vinto l’ordine di merito dell’Italian Pro Tour ed è terminato 13° in quello italiano.
Quest’anno ha iniziato la stagione con due ottime prestazioni in Egitto nel Ein Bay Open dove ha ottenuto il terzo posto e poi è andato nuovamente a un passo dalla vittoria nel Tunisian Golf Open, terminando secondo.