Nessuno ancora è riuscito a eguagliare la sua impresa di vincere quattro Open Championship consecutivi, record che ormai resiste da 150 anni, distribuiti nell’arco di tre secoli. Tom Morris jr probabilmente sarebbe stato famoso ai suoi tempi quanto lo è attualmente Tiger Woods, se i mezzi di comunicazione fossero stati gli stessi di oggi, ma ha comunque lasciato una traccia indelebile nella storia del golf se la sua leggenda continua a sopravvivere in un mondo che fagocita i suoi protagonisti alla velocità di un lampo.
Aveva 17 anni, cinque mesi e otto giorni quando nel 1868 indossò per la prima volta il "Belt", la cintura che spettava al primo classificato nell’Open Championship. Stabilì un primato come vincitore più giovane, ancora imbattuto, ma già si era assicurato quello di partecipante più giovane quando era sceso in campo nel 1865 a 14 anni, quattro mesi e quattro giorni.
Morris alla prima delle dodici buche del percorso di Prestwick (dove il torneo era nato il 17 ottobre 1860 e si disputò consecutivamente fino al 1972), la "Back of Cardinal", par 5, mise a segno un eagle e chiarì subito le sue intensioni. Vinse con 157 colpi, primo a scendere sotto i 160, lasciandosi alle spalle Robert Andrew (159).
L’anno dopo fu lotta in famiglia. "Young Tom" superò il padre "Old Tom", che nel 1867 aveva firmato il suo quarto Open Championship bruciando Willie Park, il quale ne aveva tre all’attivo compreso quello inaugurale. Per vincere dovette ancora migliorarsi e portò lo score a 154, contro i 157 del genitore.
Il terzo successo di "Young Tom", nel 1870, mise in crisi tutto il sistema. Fu un autentico trionfo: con 149 colpi infranse il muro dei 150 e lasciò a 12 colpi David Strath e Bob Kirk. Non riuscì a superare il record del padre che nel 1862 aveva distaccato Willie Park di tredici lunghezze, ma si prese la soddisfazione di portarsi definitivamente a casa il "Belt", una cintura di marocchino rosso ornata di medaglioni d’argento, destinata per regolamento a divenire proprietà del giocatore che avesse vinto la gara per tre volte consecutive.
Qualcuno si dimentico di far approntare un nuovo trofeo per l’anno dopo e quando gli organizzatori se ne resero conto fu troppo tardi. Così l’edizione del 1871 non venne disputata. Forse la causa non fu solo questa, ma piuttosto qualche accomodamento politico necessario per un torneo che stava divenendo sempre più prestigioso. Di certo si ripartì con un accordo tra i clubs di Prestwick, St. Andrews e Musselburgh per una rotazione dei tracciati.
Si decise anche di mettere in palio una coppa, molto simile all’attuale Claret Jug, con l’intesa che non sarebbe mai divenuta proprietà di nessuno. Non è dato a sapere se fu la proverbiale parsimonia scozzese a dettare le regole oppure il timore di un’altra clamorosa dimenticanza. I campi che avevano il privilegio di ospitare la manifestazione rimasero tre fino al 1891 quando entrarono in scena anche Muirfield ed Hoylake.
Nel 1872 si ripartì da Prestiwick e Morris jr firmò la quaterna con il suo punteggio più alto, 166 colpi, ma David Strath, gliene rese tre. Questi giunse ancora secondo nel 1876, perché rifiutò di disputare lo spareggio con Bob Martin. Non ebbe più occasione per vincere.
Sebbene si fosse agli albori del golf professionistico, non bisogna credere che i successi di "Young Tom" siano stati favoriti dalla scarsità dei propri avversari. Giocatori come Willie Park, lo stesso Strath, Bob Kirk, Allan Robertson erano bravi e famosi quanto i campioni dei nostri giorni. "Old Tom Morris", poi, era ritenuto in assoluto il migliore, almeno fino a quando entrò in scena il figlio, a cui nessuno si sognò mai di paragonarlo.
La popolarità di Morris "il giovane" non fu determinata soltanto dalle quattro vittorie, ma anche dal modo come le ottenne. Punteggi record e superiorità indiscussa. Fece sensazione il 149 del 1870, rimasto primato assoluto per la fase in cui l’Open Championship (che gli americani chiamano British Open facendo irritare da sempre i sudditi di Sua Maestà) si svolse su 36 buche, ossia fino al 1892 quando Harold H. Hilton si impose con 305 colpi a Muirfield.
In uno dei tre giri sulle 12 buche di Prestwick Morris jr segnò un 47, ossia "uno sotto il quattro" secondo il linguaggio dell’epoca. La media di 74,5 a giro resistette per ben 34 anni, fino al 1904, quando Jack White superò la barriera dei 300 colpi, vincendo al Royal St. George con 296 e la media di 74 colpi. L’anno prima era stato Harry Vardon a emulare il 74,5 con 300 colpi tondi sullo stesso tracciato di Prestwick.
Il 166 con cui "Young Tom" concluse la sua quarta fatica vittoriosa, all’apparenza mediocre rispetto alla sua media, da ritenersi strepitosa se rapportata ai materiali e ai campi di quel periodo, trovò ampia giustificazione nelle critiche condizioni meteorologiche, come fu abbondantemente sottolineato nelle cronache dell’epoca.
La superiorità di Tom Morris "il giovane" nei riguardi dei suoi avversari fu comunque straripante. Per cercare di stabilirne i motivi tecnici si può solo ricorrere alle varie testimonianze scritte, perché non esiste praticamente nella di visivo a parte una foto che lo ritrae in un address. E le testimonianze concordano sul fatto che la sua tecnica di gioco avesse del rivoluzionario e non a caso influenzò generazioni successive di golfisti. Addirittura qualcuno sostiene che alcune delle innovazioni siano state seguite dai professionisti almeno fino agli anni Ottanta.
Morris jr, altezza media, simpatico e molto intelligente, aveva un bel fisico con spalle larghe e torace possente. Disponeva di una forza non comune nelle mani e negli avambracci: il suo grip veniva definito "a morsa" e si dice che fosse in grado di fratturare la mano di una persona, stingendola.
All’epoca tutti i campioni eseguivano lo swing "stile St. Andrews", ossia con un arco molto lungo e piuttosto piatto, con l’avambraccio destro che si portava quasi parallelo al terreno all’apice del backswing. Morris jr, invece, diede luogo al primo backswing "controllato" che si sia visto sui campi da golf con un movimento più corto e più verticale. Grazie alla compattezza di tale movimento effettuava con i ferri eccellenti colpi dalla media distanza e alla bandiera, con al massimo tre quarti di swing.
Anche nei colpi lunghi andò contro corrente creando il suo stile personale. La tesi dell’epoca era che la palla dovesse essere tenuta per quanto possibile bassa, imprimendole un leggero hook per meglio controllarla sui links battuti dal vento. Poiché le palline erano di guttaperca era ritenuta efficace un’azione a spazzola nell’impatto. Morris jr, invece, dava alle sue palline una traiettoria piuttosto alta così che, quando toccavano terra, si arrestavano in pochi metri. In tal senso sono molti a ritenere che colpisse la palla con il metodo adottato più tardi da Arnold Palmer, ossia far avvenire l’impatto prima che la testa del bastone raggiungesse il punto più basso dello swing. Qualunque fosse l’accorgimento di Morris jr per ottenere un maggior backspin fu sicuramente rivoluzionario. Talvolta eccedeva nel colpire prima la palla e poi il terreno specie con i ferri, ma era proverbiale l’efficacia dei suoi colpi anche dai lie più difficili.
Fu anche il primo a utilizzare il mashie, ossia un ferro corrispondente all’incirca all’attuale "sei", a faccia piccola che gli permetteva una maggior precisione nei colpi dalla media distanza. Era quasi impeccabile sul green. Usava un putter a "maglio", con la testa di legno, e imprimeva alla palla un marcato "overspin". Se però non trovava un tappeto erboso all’altezza, allora ricorreva a un ferro con la faccia più aperta. Suo principio fondamentale, attaccare sempre la buca e mai rimanere corto. Probabilmente sarebbe stato in difficoltà nel tour attuali, dove occorre rispettare i tempi per non incorrere in penalità per gioco lento: infatti studiava a lungo i colpi, anche i più semplici putts, perché non ammetteva l’errore. Sapeva domare anche i green più veloci o quelli che somigliavano a lastre di vetro, ma come facesse rimarrà per sempre un mistero. E poiché era estremamente preciso anche nei chip, praticamente il suo gioco non aveva "buchi".
I punteggi realizzati da Young Tom Morris sono da ritenersi eccezionali per l’epoca. Vanno, infatti, considerate le condizioni dei campi e i materiali. L’erba di rough e fairways, ad esempio, non veniva tagliata e la manutenzione era affidata a... pecore e conigli. I green non venivano annaffiati e solo saltuariamente il manto erboso veniva tagliato con la falciatrice, ma il risultato era un’erba di altezza simile a quella degli attuali fairways. E quanto ai bunker non subivano alcun intervento. La pallina di guttaperca, poi, se non veniva colpita nel modo giusto non faceva molta strada e, in ogni caso, studi fatti nel tempo hanno dimostrato che rispetto alle attuali, con lo stesso colpo percorreva almeno un centinaio di metri in meno. Quanto ai bastoni erano molto rudimentali. Un esempio per tutti: gli shaft di hickory erano molto flessibili e se non si voleva rischiare di veder volar via la testa occorreva evitare di portare indietro il bastone con troppa energia. Lo stesso Morris jr subì più volte questo tipo di incidente.
Fu il primo vero professionista della storia, perché al contrario dei suoi colleghi non lavorava nei circoli. Suo padre, ad esempio, si può considerare l’inventore della moderna attività del greenkeeper. Morris jr viveva esclusivamente con i proventi derivanti dalla sua attività agonistica, ma essendo il più forte doveva spesso concedere ai suoi avversari colpi di vantaggio, persino ben nove a giro su un tracciato di dodici buche. Tra le tante sfide ne vinse una con Davie Strath e Jamie Anderson, giocando contro la loro miglior palla.
La sua carriera fu molto breve, vittima di un destino crudele. Morì di crepacuore ad appena ventiquattro anni, stroncato dal dolore per la perdita della moglie e del figlio appena nato. Riposa nella cattedrale di St. Andrews.