Era un mediocre giocatore sul punto di lasciare il tour. Poi ebbe l’ispirazione: rivoluzionò la tecnica dello swing e nacque un mito. La sua storia
Fu chiamato “the hawk”, lo sparviero, ma nessuno vedendolo giocare agli inizi della carriera avrebbe potuto ravvisare in Ben Hogan uno dei più grandi giocatori di golf di tutti i tempi. Nella sua splendida carriera ha conquistato ben nove titoli major, primo a vincerne tre nella stessa stagione, impresa emulata solo da Tiger Woods nel 2000. Hogan è scomparso il 25 luglio 1997 a Fort Worth, nel Texas, stato dove era nato il 13 agosto 1912, a Dublin.
Hogan non ebbe una infanzia facile. La sua famiglia era povera e a dieci anni fu costretto ad andare a lavorare come caddie. Fu un segno del destino indelebile nella sua vita futura. A diciassette anni decise di intraprendere la carriera professionistica dando fondo ai suoi risparmi, ma i risultati sperati non vennero. I soldi finirono presto e fu costretto a enormi sacrifici per sostenere i costi di tre anni assolutamente frustranti. Così decise di dedicarsi all’insegnamento, trovando un posto nel club di Fort Worth.
“Non avevo lo swing naturale di Sam Snead, tanto per fare un esempio – raccontò in una intervista qualche anno prima della sua scomparsa – ed ero affetto da un hook distruttivo. Le buche con dog-leg a destra erano un incubo. Ma c’era dell’altro: per i colpi al green ero costretto all’uso esclusivo dei ferri, poiché con i legni dal fairway non riuscivo neanche a sollevare la palla”.
Il ritorno dopo la didattica - Con l’attività didattica risolse i suoi problemi economici e si sposò con Valerie. Intimamente, però, non era felice. Sognava i tornei e la grande ribalta golfistica ma, soprattutto, non era tipo da arrendersi. Così, dopo cinque anni, nel 1937 decise di riprovare. Temeva un deciso ostacolo nella moglie, ma quando espose la sua decisione Valerie addirittura lo incoraggiò. “Se questo è il tuo desiderio, io sono pronta a seguirti”.
Con millequattrocento dollari in tasca partirono verso la nuova avventura, ma si trovarono subito di fronte alla dura realtà. Ben continuava a giocar male: stessi difetti e stessi risultati mediocri. E i dollari scemavano rapidamente
La svolta - Un anno dopo, quando ormai sembrava inevitabile il ritorno all’insegnamento, una notte avvenne il miracolo. Per la verità Hogan dormiva poco: i suoi pensieri erano focalizzati sui problemi di swing e sull’eventualità di una seconda inappellabile sconfitta come tournament player. Non era ancora l’alba quando balzò giù dal letto, lasciando sgomenta Valerie, e si diresse al campo pratica dove rimase a tirar palline fino a quando fu assistito dalla luce del giorno.
Più praticava e più i suoi colpi miglioravano: lavorando su un corretto “piano” di esecuzione stava ponendo le basi per un’autentica rivoluzione nei principi tecnici dello swing. Più tardi scrisse due libri, “The modern foundamental ofd golf” e “Power golf”, pietre miliari per l’insegnamento nel golf moderno.
Quasi incredulo, Hogan verificò le sue teorie nei giorni seguenti e a ogni seduta notava degli evidenti passi avanti. Dopo due settimane il nuovo impatto con il tour fu entusiasmante: vinse a Chicago l’Hershey Four Ball dando inizio a una leggenda. Fu la prima di 64vittorie ottenute nell’arco di 27 anni sul circuito statunitense, che pongono Ben Hogan al quarto posto nella graduatoria dei plurivincitori di tutti i tempi, alle spalle di Sam Snead e Tiger Woods, con 82, e di Jack Nicklaus, con 70.
Hogan continuò a trascorrere un numero incredibile di ore sul campo pratica; affermava che se rimaneva un giorno senza giocare perdeva i vantaggi di una settimana di lavoro, mentre se lo stop era di tre giorni si sentiva come se fosse rimasto fermo per un mese. Dedicava buona parte del tempo a perfezionare sempre più il suo movimento e si curava anche di effettuare test sotto l’effetto della stanchezza. Vale la pena di ricordare un aneddoto. Un suo amico, in procinto di iniziare un giro, lo vide giorno praticare con un legno in fairway. Al rientro, dopo quattro ore, lo trovò ancora nello stesso posto. Gli chiese come mai non avesse almeno cambiato bastone. “Devo trovare il modo di colpire bene la palla con un legno anche quando sono stanco” fu la risposta.
Le prime vittorie - Il successo del 1938 non ebbe seguito nel 1939, ma nel 1940 Ben Hogan iniziò ad imporre la sua legge. Vinse quattro tornei e fu leader nella money list, guadagnando globalmente 10.655 dollari. Gli fu assegnato anche l’Harry Vardon Trophy per la miglior media score sul giro. Nel 1941 i titoli furono cinque, sempre accompagnati dal primo posto nell’ordine di merito, con 18.358 dollari incassati, e dall’Harry Vardon Trophy. Le sei vittorie del 1942, con il terzo successo consecutivo nella money list (13.143 dollari), ma senza l’Harry Vardon Trophy, conclusero la prima fase della carriera di Hogan che, come per tutti i giocatori dell’epoca, fu interrotta dagli eventi bellici.
Dopo aver prestato servizio militare nella U.S. Amry Air Corps, Hogan si ripresentò alla ripresa dei tornei nel 1945 come se la sosta non fosse mai avvenuta. Vinse cinque gare, un ghiotto anticipo alle prodezze del 1946 quanto si impose in 13 tornei (solo Byron Nelson ha fatto meglio con 18 nel 1945), tra il quali il PGA Championship con cui iniziò la scalata al Grande Slam. Naturalmente non ebbe rivali nella money list con ben 42.556 dollari di guadagno.
Furono sette gli allori del 1947 oltre alla soddisfazione del successo in Ryder Cup, come capitano e giocatore della formazione statunitense che travolse la Gran Bretagna per 11 a 1 sul percorso di Portland, nell’Oregon.
Nel 1948 mise insieme undici successi con altri due titoli major. Vinse l’U.S. Open al Riviera Country Club di Los Angeles, con il punteggio record di 276 colpi, e si impose per la seconda volta nel PGA Championship. Fu nuovamente leader nell’ordine di merito (con 32.112 dollari) e non gli sfuggì l’Harry Vardon Trophy con la media giro di 69,3 colpi.
L’incidente - Anche la stagione 1949 cominciò nel migliore dei modi, con due vittorie nel mese di gennaio, ma destino avverso era dietro l’angolo. Il 2 febbraio, mentre al volante della sua auto si stava dirigendo da Fort Worth a Phoenix, fu vittima di un terribile incidente stradale. La sua auto si scontrò frontalmente con un pullman, che stava effettuando un sorpasso avventato. Le condizioni di Hogan apparvero subito gravissime per le molteplici fratture riportate ad alcune costole, al bacino, a una spalla e a una caviglia e, per alcuni giorni, fu in pericolo di vita.
La convalescenza fu lunga e il più ottimista dei medici si augurava al massimo di rimetterlo in condizioni di camminare. Di giocare a golf neanche a parlarne.
Nessuno, però, aveva tenuto conto della tenacia di Hogan. I tempi di recupero furono addirittura prodigiosi, tanto che nel settembre dello stesso anno Hogan fu in grado di sobbarcarsi un viaggio in Inghilterra per guidare, da capitano non giocatore, la squadra statunitense di Ryder Cup che superò per 7 a 5 i britannici a Ganton.
Nei mesi seguenti Hogan lavorò senza sosta in campo pratica, con sedute faticosissime per il suo stato, che duravano anche otto ore. Undici mesi dopo l’incidente, a gennaio del 1950, si presentò sul tee di partenza del Los Angeles Open e sembrò come se nulla fosse accaduto. Hogan con il totale di 280, dopo un turno in 73 e tre consecutivi in 69, divise il primo posto con Sam Snead. Il campione era tornato e poco importa se poi fu Snead a vincere il play
off. Non ci fu partita, perché Hogan, ancora claudicante, non aveva più nulla da chiedere al suo fisico provatissimo dopo le diciotto buche.
Certo di essere tornato competitivo ai massimi livelli Hogan programmò la sua carriera focalizzandola su pochi, ma importantissimi appuntamenti annuali, in primis i major. Iniziò con il Masters, ma fu messo fuori gioco nell’ultimo giro da forti dolori alle gambe che ne pregiudicarono il rendimento e propiziarono un 76. Qualche mese dopo, però, firmò il suo secondo U.S. Open. Al termine dei quattro giri si trovò alla pari con George Fazio e Lloyd Mangrum, che superò nelle 18 buche di play off. Nello stesso anno s’impose nel Greenbrier Invitational e fu nominato “Golfista dell’anno” della U.S. PGA.
Nel 1951 si aprì definitivamente la strada verso il Grande Slam conquistando il suo primo titolo Masters, aggiungendovi poi il terzo U.S. Open. Fu ancora il “Golfista dell’anno” e condusse nuovamente al successo gli Stati Uniti nella Ryder Cup come capitano non giocatore. La Gran Bretagna fu superata a Pinehurst per 9,5 a 2,5.
1953, un anno storico - Il Colonial Invitational fu l’unico successo del 1952 e indusse più di qualche osservatore a ritenere che la carriera di Hogan, ormai quarantenne e con il fisico sempre più provato, fosse al termine. E invece il meglio di sé Hogan doveva ancora darlo. Il 1953 fu un anno storico non solo per la sua carriera, ma anche per il golf. Nessuno, infatti, prima di allora aveva vinto tre tornei del Grande Slam nello stesso anno, impresa che poi è rimasta unica nel ventesimo secolo (almeno per chi considera il 2000, anno in cui Tiger Woods lo ha emulato, come primo anno del secolo ventunesimo). Hogan non ebbe rivali nel Masters, che concluse in 274 colpi e cinque di vantaggio su Ed Oliver Jr, e vinse alla grande anche l’U.S. Open, il terzo della serie, con un totale di 283 e ben sei colpi di margine su Sam Snead. Ultima impresa e “Grande Slam” a Turnberry - Nel suo palmares, però, sempre più splendente, c’era una vistosa lacuna e Ben Hogan lo sapeva. Tra l’altro Walter Hagen glielo aveva detto esplicitamente: “Non puoi essere considerato un grande giocatore di golf senza aver mai vinto un Open britannico”. Sullo stesso tono si erano pronunciati anche altri professionisti suoi amici quali Gene Sarazen e Tommy Armour. L’età avanzava e gli era sempre più faticoso giocare: Hagen capì che forse gli era rimasta quell’unica occasione. Così varcò l’Oceano e si presentò a Carnoustie. Fu un trionfo su uno dei percorsi più difficili di tutta la Gran Bretagna. Per vincere colpì la palla 282 volte, con un crescendo dal 73 del primo giro al 68 dell’ultimo, attraverso un 71 e un 70. Lo braccarono in quattro, Antonio Cerda, Peter Thomson, Dai Rees e Frank Stranahan, ma alla fine non rimase loro che il secondo posto in comproprietà, distaccati di quattro colpi. A Carnoustie Hogan completò il Grande Slam, secondo professionista della storia a riuscirvi dopo Gene Sarazen, seguito poi nel tempo da Gary Player, Jack Nicklaus e Tiger Woods. A fine stagione si guadagnò l’ingresso nella Hall of Fame dell’U.S. PGA.
Le difficoltà di trasporto dell’epoca e probabilmente anche il suo stato di salute gli impedirono di partecipare al PGA Championship, che si disputava poco tempo dopo. Sono in molti a sostenere che se fosse sceso in campo Hogan avrebbe vinto anche quel torneo, chiudendo il Grande Slam nello stesso anno. Fosse riuscito nell’impresa oggi non si starebbe a discutere in quale “status” del Grande Slam sia da considerare la serie dei quattro major messi in fila consecutivamente da Tiger Woods nell’arco di due stagioni.
La carriera di Ben Hogan sostanzialmente si concluse a Turnberry, anche se insieme a Sam Snead vinse la Canada Cup (oggi World Cup) nel 1956 e terminò la sua serie straordinaria di vittorie a 47 anni, nel 1959, imponendosi nel Colonial Invitational. Avrebbe potuto guadagnare un major e un primato in più, ma nel 1955 uno sconosciuto professionista di circolo, Jack Fleck, lo superò in spareggio e gli negò il quinto successo nell’U.S. Open.
Nicola Montanaro
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LE VITTORIE DI BEN HOGAN
1938
Hershey Four-Ball
1940
North and South Open
Greensboro Open
Asheville Open
Goodall Round-Robin
Vincitore del Vardon Trophy (423 punti)
Vincitore della money list statunitense: $ 10.655
1941
Miami Four-Ball
Asheville Open
Inverness Four-Ball
Chicago Open
Hershey Open
Vincitore Vardon Trophy (494 punti)
Vincitore money list: $ 18.358
1942
Los Angeles Open
San Francisco Open
Hale America Open
North and South Open
Asheville Open
Rochester Open
Vincitore money list: $ 13.143
1945
Nashville Open
Portland Open
Richmond Open
Montgomery Open
Orlando Open
1946
Phoenix Open
Texas Open
St. Petersburg Open
Miami Four-Ball
Colonial Invitational
Western Open
Goodall Round-Robin
Inverness Four-Ball
Winnipeg Open
US PGA Championship
Golden State Championship
Dallas Invitational
North and South Open
Vincitore money list: $ 42.556
1947
Los Angeles Open
Phoenix Open
Miami Four-Ball
Colonial Invitational
Chicago Open
Inverness Four-Ball
International Championship
Vincitore Ryder Cup come capitano e giocatore
1948
Los Angeles Open
US PGA Championship
US Open
Motor City Open
Western Open
Inverness Four-Ball
Reading Open
Denver Open
Reno Open
Glendale Open
Bing Crosby Pro-Am
Vincitore Vardon Trophy: 69,3 colpi per giro
Vincitore money list: $ 32.112
1949
Bing Crosby Invitational
Long Beach Open
Vincitore Ryder Cup come capitano non giocatore
1950
Greenbrier Invitational
US Open
PGA Golfer of the Year
1951
The Masters
US Open
World’s Championship
PGA Golfer of the Year
Vincitore Ryder Cup come capitano non giocatore
1952
Colonial Invitational
1953
The Masters
Pan-American Open
Colonial Invitational
US Open
The Open Championship
PGA Golfer of the year
Professional Male Athlete of the year
Ammesso alla Hall of Fame dell’US PGA
1956
Vincitore della Canada Cup (con Sam Snead)
International Trophy
Sportsman of the Decade (1946-1956)
1959
Colonia Invitational
1965
Nominato “Greatest Player of All Times” dalla US Golf Writers
1976
Vincitore del Bobby Jones Award